Questo è un modo per educare l’uomo ad essere uomo!

0

Vicende umane interagiscono con quelle del ritrovamento delle statue del Sinis. Agli scavi a Monti Prama lavorano anche quattro detenuti che per “buona condotta” puliscono, spazzolano, lucidano, non gli anditi di una pena disumana, ma il sito della più importante scoperta archeologica di questi ultimi anni, quella che obbligherà gli studiosi a riscrivere la storia dei sardi, del Mediterraneo e dell’arte.

“E’ una cosa bellissima, non sono pietre qualunque, è la nostra storia”. A esprimersi così è Mracu, condannato all’ergastolo, poi a 24 anni di reclusione per “concorso in omicidio”. Ora la Corte di Strasburgo dovrà sciogliere il conflitto tra la giustizia corsa e quella italiana, ma lui ha già scontato cinque anni a Bad’e Carros e quest’ultimo a Massama.

Pepponi è condannato a vent’anni, meno tre con l’indulto del 2006, ha ancora due anni da scontare, Tineddu cinque anni, Anzeleddu 19 mesi.La sofferenza di questi giovani, qui, è come oltrepassata, dall’aria tersa del maestrale, dalla cura meticolosa con la quale ti insegnano come si catalogano questi pezzi di antica verità. “Cosa ci fa un uomo in cella? Siamo in tredici e tutti in piedi lì dentro non ci stiamo, ci mettiamo nei letti a castello, per farci spazio, a turno. Io ho sbagliato, è giusto che paghi, ma non rinchiuso: prova a legarlo per anni a una catena un cane e poi vedi cosa esce fuori! Qui mi sento utile, è un modo per fare del bene alla comunità, non mi sento un 41 bis, non sono un pericolo sociale”.

Il pennellino che scorre, accarezza con uno smalto trasparente i testimoni di coccio, illuminandoli, e tra lo sguardo del detenuto-archeologo e la limpidezza del vasellame dopo il buio polveroso del tempo, non c’è nessuna differenza. Hanno il cuore nelle mani questi ragazzi, sentono l’importanza di quello che fanno e sono contenti perché sanno che i loro nomi verranno dati alle ultime statue emerse.

Questo è un modo per educare l’uomo ad essere uomo, mentre il concetto di punizione dimostra d’essere figlio di un’istituzione aggressiva che mira a causare dolore, e basta. Una natura riforestata o un patrimonio come questo dei Giganti restituito alla Sardegna, valgono di più di una coltellata autoinferta compiuta in cella pur di godere della libertà dell’infermeria.

Nei trecento metri quadri del cantiere di Monti Prama non esistono classi sociali, tutti hanno la stessa dignità e la stessa spinta verso la riappropriazione di un importante evento culturale. Dovremmo individuare una premialità in una futura storia della scoperta e dei protagonisti anche per Sisinnio Poddi e Battista Melis, i due agricoltori che nell’ottobre del ’74 ci hanno regalato una storia eccezionale e che anche oggi sono qui, più consapevoli, più rafforzati. Parecchie persone seguono i lavori. Qualche chilometro oltre il cantiere, nel piccolo e discreto gioiello museale affacciato sullo stagno di Cabras, trenta per volta, entrano in molti per vedere i Giganti restaurati ed esposti alle emozioni più intime. Vengono da Thiesi, Calangianus, Uras, Ulassai, Gavoi, Bosa, Palmas, i “turisti” sono pressoché tutti sardi e fanno la fila volentieri in questa calda giornata di un autunno rinviato. E’ un clima di coraggio e di ricostruzione, quasi una catarsi, la nostra, insieme e grazie al riemergere di quelle statue devastate e depresse da profonda dimenticanza.”Il 24 novembre avrà effetto il contratto della ditta emiliano romagnola che ha vinto l’appalto per i prossimi scavi, ma l’Università sarda continuerà il suo lavoro fino a esaurimento fondi”.

Raimondo Zucca è un archeologo extra-ordinario e sotto l’ombreggio della pausa pranzo spiega il funzionamento del pallone termografico che dall’alto, al tramonto, rileva il calore rilasciato in superficie, più elevato rispetto a quello sottostante.La pellicola riesce a fotografare al buio le forme sotterranee, a Villamar si è visto perfettamente l’accesso alle tombe a camera. Qui la tecnica non manca, dagli ingegneri ai geologi l’interdisciplinarietà è una ricchezza, il coordinamento è fluido e la giovane tirocinante Barbara si muove con grazia e competenza.

La proprietà di questi trecento metri quadri di scavo, dal 1558 è dell’Arciconfraternita Cappella del Rosario, cioè la Curia di Oristano che la ritiene inalienabile, ma l’estensione della strada dei Giganti individuata, copre gli altri 6 ettari circostanti, quelli che iRS propone alla Regione di acquistare.E’ chiaro che stiamo camminando tutti nella direzione dell’autocoscienza del valore per liberarci dalle presenze esterne soffocanti, ma quella del limite nostro si affaccia quando non approfondiamo, non ascoltiamo, non ci informiamo, ci insultiamo, mentre dovremo oltrepassarci.Gli ultimi ritrovamenti sono uno scheletro verticale aculiau, aculipipiri, accovacciato, con la testa a est, e una colonna rovesciata, accanto al vuoto lasciato dal Gigante intero.

Ecco, dovremo riuscire a tirarci su, come loro, con l’aiuto reciproco di tutti.

Bettina Pitzurra

Share.

Leave A Reply