Capo Frasca: restiamo uniti per dire “basta servitù militari”

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La manifestazione contro le servitù militari a Capo Frasca del 13 settembre sarà ricordata come un momento decisivo lungo il percorso del totale disimpegno dell’apparato militare italiano in Sardegna. 12000 manifestanti. La presenza di così tante persone è l’unico dato che conta davvero e il messaggio che ne è scaturito è limpido: basta servitù militari.

Un aspetto molto importante di questa vicenda è stata la saldatura tra partecipazione popolare e istituzionale. Alla manifestazione erano presenti diversi consiglieri regionali, senatori, parlamentari e sindaci, uniti come mai visto prima, sintono di una sempre maggiore presa di coscienza rispetto ad un tema di vitale importanza per  il futuro dell’Isola.

Per questa ragione è necessario che mobilitazione popolare e lavoro istituzionale trovino una sintesi capace di soluzionare in via definitiva la fine di tutte le servitù militari con una tempistica certa, con delle modalità concordate e con una quantificazione precisa dei tempi per le bonifiche e dei danni.  Per far questo bisogna agire la sovranità aprendo una negoziazione bilaterale con lo Stato italiano.

La vera vittoria del 13 settembre è stata quella di accrescere ancora di più la coscienza del popolo sardo su queste tematiche, poiché si è riusciti ad includere anche chi fino ad ora ha mostrato poca sensibilità rispetto al dramma delle servitù dando, nello stesso tempo, il giusto merito a chi da anni porta avanti queste battaglie.

Il “popolo di Capo Frasca” pone un’altra istanza dirimente: la qualità procedurale e sostanziale della democrazia in Sardegna.  Ad oggi chi deve decidere del futuro del popolo sardo? Chi è il soggetto ultimo a cui spetta determinare la presenza del 65% del territorio militare italiano in Sardegna? Dove deve risiedere il potere pubblico di indirizzo e controllo su fiscalità, trasporti, patrimonio culturale ed energia? I cittadini sardi sono soggetto o oggetto del loro futuro?

Per tutte queste ragioni ora non è più tempo di tracciare confini o marcare differenze. E’ il momento di aprire porte, relazioni e forme di cooperazione tra i cittadini sardi su tutte quelle tematiche che stanno lentamente prendendo piede nelle coscienze di tutti e che trovano sintesi nelle domande sopra riportate.

Dalla Scozia e dalla Catalunya stanno arrivando grandissimi esempi di come un popolo, una comunità e una Nazione possano tracciare in maniera inclusiva, democratica e partecipata un percorso verso l’autodeterminazione.

La speranza è che tale cammino possa prendere presto piede. Per questo riprendiamo e parafrasiamo lo slogan del comitato YesScotland che si batte a favore del Sì per il referendum sull’indipendenza della Scozia: “Put Sardinia’s future in the Sardinia’s hands”. Ovvero metti il futuro della Sardegna nelle mani della Sardegna.

iRS – indipendentzia Repubrica de Sardigna

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