Il Corriere Turritano intervista Simone Maulu: “iRS ha fatto un salto verso l’indipendentismo di governo”

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Simone Maulu

di Emanuele Fancellu

«In questo momento pare proprio che la Sardegna sia un’isola che galleggia sul mare, in balia delle onde, e i sardi aspettano che qualcuno la salvi. Chiunque può venire e farne ciò che vuole, impunemente. I dati diffusi ultimamente fanno riflettere: tre suicidi in una settimana, a dimostrazione del fallimento di questo sistema politico e sociale». È molto duro nel suo preambolo Simone Maulu, giovane leader di iRS, protagonista a Porto Torres alcune settimane fa, assieme a tanti attivisti, di un durissimo intervento contro l’Eni nella commissione consiliare in cui i vertici del Cane a sei zampe e di Matrica hanno presentato lo stato di avanzamento dei lavori inerenti chimica verde e bonifiche.

 

Simone Maulu, qual è il ruolo di iRS nel territorio e quali le sue prospettive?

«iRS ha fatto un salto verso l’indipendentismo di governo. Il primo sindaco di iRS, a Perfugas, sta dando dimostrazioni di sovranità applicata. Abbiamo due consiglieri provinciali e una trentina amministratori nei comuni. Il sindaco di Perfugas ha tolto il mandato a Equitalia, son stati recuperati 530mila euro che l’Agenzia delle Entrate italiana doveva restituire al comune, le auto blu son state sostituite dalle macchine elettriche che sono a disposizione di tutti. Un piccolo comune che sta dando degli esempi importanti e sta dimostrando che il cambiamento è già in atto».

In che modello di vita credete?

«iRS mette al centro del suo agire una calda umanità, che oggi manca sia nella politica che nella società. Crediamo in un modello di vita che si opponga a quello oggi imperante, ipertrofico e veloce. Basta guardare non solo all’Italia ma in  altre parti del mondo: a Friburgo, per esempio, dove ci sono modelli ecosostenibili all’avanguardia. Lo sviluppo non può andare contro la felicità umana».

In questo periodo va tanto di moda il concetto di decrescita felice. Personalmente lo ritengo assurdo: nessuno può essere felice di una decrescita. Sarebbe molto meglio utilizzare un altro termine che contempli il soddisfacimento dei bisogni primari evitando il superfluo. Cosa ne pensa?

«Delocalizzare non conviene più, conviene produrre in loco. Che senso ha importare l’acqua se in Sardegna abbiamo acqua buonissima? Oppure, mangiare frutta fuori stagione? Abbiamo sempre vissuto seguendo i ritmi stagionali. Tutto ciò è funzionale al mercato, non all’uomo. C’è una produzione intensiva che serve a soddisfare i bisogni del mercato, mentre noi pensiamo che sia sensato produrre ciò che ci serve, che è utile alla vita. La Sardegna importa l’84% delle risorse alimentari,  i paesi in passato – ed anche oggi, in parte – erano comunità con delle specificità e il territorio prima era suddiviso in base queste specificità, pensiamo alle regioni storiche (Baronia, Monti Ferru, Logudoro etc). Poi lo Stato Italiano ha snaturato quel sistema suddividendo la Sardegna in province che non tengono conto delle specificità ma sono mere partizioni amministrative funzionali all’Italia. Dobbiamo ragionare in termini di sovranità alimentare, a Perfugas stanno calcolando quante tonnellate di alimenti si consumano e cercheranno di soddisfare in loco l’intero fabbisogno». 

Si avvicinano le Regionali. Farete alleanze coi gruppi indipendentisti?

«Non si può parlare di alleanze senza politica. Noi proponiamo un progetto di governo, basato su tre concetti di sovranità, che vogliamo sviluppare insieme ai cittadini. Non deve essere un progetto calato dall’alto».

Quali sono le prospettive di iRS?

«Partiamo da un dato: le università di Cagliari e di Edimburgo hanno fatto un sondaggio sul grado di accordo dei sardi sull’indipendenza. Il 40% è d’accordo, l’85% sulla sovranità fiscale. Dobbiamo parlare a quel 40%, l’autonomia ormai è morta. All’indipendenza si può arrivare costruendo i mezzi con un progetto di governo risolutivo che riempia il presente, basato su tre principi-guida fondamentali: sovranità fiscale, sovranità alimentare, sovranità energetica ». 

Partiamo dalla sovranità fiscale.

«Lo Stato Italiano ha un debito di dieci miliardi di euro con la Sardegna. Il debito dei sardi verso Equitalia è di quattro miliardi e ha distrutto l’economia sarda. Sovranità fiscale significa pagare le tasse in Sardegna. Lo stato italiano dovrebbe restituirci i 7/10 delle nostre tasse come recita la legge ma da oltre 10 anni non ce li restituisce e la classe politica non prende provvedimenti seri, perché segue le esigenze di partito e non quelle dei cittadini. Pensiamo al modello Irlandese: Iva al 12%, tassazione complessiva al 22%. Non esiste il lavoro nero. Oggi in Sardegna il 22,7% delle 570 mila famiglie complessive è a rischio di povertà relativa. Nel 2012 a Sassari hanno chiuso 229 attività commerciali e 87 dall’inizio del 2013. Questo è quello che ha prodotto questo sistema». 

La sovranità alimentare, ne abbiamo fatto cenno prima.

«Produrre in loco tutto il possibile. Pensi cosa succederebbe se tutte le mense universitarie, scolastiche e ospedaliere acquistassero prodotti sardi. Decollerebbe l’economia. Ma oggi non è così. Si è finanziata la non produzione, basti pensare alla peste suina. Viene finanziata la malattia e non la produzione di suini. Oggi i risarcimenti per i capi infetti superano il valore di mercato dell’animale sano. In Spagna l’hanno eliminata incentivando gli allevamenti sani e multando quelli infetti. La cosa più logica». 

Infine, la sovranità energetica.

«Partiamo da un principio generale. Le ricchezze generate dal sole dal vento e dall’acqua che sono beni collettivi devono andare alla collettività o ai privati? Finora la classe politica ha fatto in modo di privilegiare i privati. Oggi non c’è un piano energetico, è un far west in balia degli speculatori. Sovranità energetica significa fare un piano energetico basato sui bisogni dei sardi, della collettività, non dei privati».

A proposito di questione energetica, cosa pensa iRS della vicenda E-On?

«Pensa che nel 2013 parlare di carbone sia fuori dalla storia. Siamo favorevoli alle energie alternative, ma non alla speculazione su di esse. In Sardegna esistono 130 comitati nati per bloccare i predoni che vogliono arricchirsi con la speculazione energetica autorizzati dalla classe politica spesso connivente. Cossoine è un esempio: è possibile bloccare queste bande di sciacalli, non siamo costretti ad abboccare alle scelte calate dall’alto. Non si discute mai, e invece noi vogliamo che in Sardegna si crei un dibattito sulle scelte che riguardano la vita delle persone». 

Corretto. Ma sul Gruppo 5 cosa dite?

«Servirà per bruciare carbone e produrre ceneri da smaltire nelle discariche di non si sa chi, sempre in nome del lavoro» 

Un altro tema assai in voga in questo periodo è la zona franca.

«Noi non siamo contro la zona franca, ma già dal 2007 parliamo di sovranità fiscale, concetto molto più avanti. La Sardegna non produce più, se ragioniamo da penisola e non da isola si crea un cortocircuito rispetto alla geografia. Siamo un’isola al centro del Mediterraneo con un gap negativo di gestione certificato dall’università e dal Crenos. Occorre perciò una fiscalità differenziata che tenga conto dell’insularità. Oggi in Sardegna produrre costa il 20% in più rispetto all’Italia, l’energia costa il 40% in più. Per riequilibrare il tutto, occorre proporre una fiscalità differenziata che tenga conto di questo. Tutti i prodotti destinati al mercato interno non devono pagare Iva. In questo modo tutti inizierebbero a produrre perché chiunque acquisterebbe prodotti sardi. Dobbiamo riprendere a produrre prima di tutto per noi, e in Sardegna delle realtà serie ci sono. Non serve produrre solo per esportare. Quando parliamo di mercato interno stiamo parlando di diverse centinaia di milioni di euro». 

L’Asinara sarebbe un ottimo luogo in cui realizzare in pratica questo tipo di idea.

«La Sardegna potrebbe essere un laboratorio dove si produce ricchezza dalla bellezza. Potremo dare l’esempio al mondo. Oggi invece i nostri governanti cercano di produrre ricchezza dalla mondezza. È un paradosso tutto sardo. Perché il business è nei rifiuti e a questa classe politica interessa il business. L’Asinara è l’esempio che la natura produce cose belle. Si può creare, l’abbiamo detto anni addietro, l’università di biologia marina, il festival della musica mediterranea, si possono rimettere in moto i tre paesi già esistenti… tutti gli operai, anziché lavorare sostanze tossiche potrebbero lavorare in un paradiso. Bisogna scegliere, parco o bruciatori». 

Sulla chimica verde, il parere è noto…

«Si. Bisognerebbe separare le bonifiche dalla chimica verde. Invece, purtroppo, il progetto chimica verde non nasce come modello di sviluppo, ma come ricatto dell’ENI per non fare le bonifiche. Matrica ha come socio principale Eni che fino ad oggi ha creato distruzione e miseria. Noi abbiamo proposto alle società coinvolte un confronto paritetico davanti ai cittadini, perché non hanno accettato? Per rispetto, avrebbero dovuto coinvolgere i cittadini nel dibattito e nelle decisioni. La conoscenza oggi è diffusa, non è solo la loro, la popolazione è più avanti della classe politica, che spesso è in libera vendita. Non siamo pro o contro a prescindere, ma è mancato il confronto. Non si può essere d’accordo su una scelta calata dall’alto e presentata con dati dubbi, poco chiari e poco convincenti. Perché non accettano il confronto tra cinque loro esperti e cinque indicati dalla società civile? Cosa hanno da nascondere?» 

Separare bonifiche e chimica verde sarebbe dovuto essere un obbligo, invece non è stato così…

«Si. E la classe politica sembra stia mediando gli interessi dell’Eni. Loro non vogliono bonificare, lo dimostra lo stesso iter del processo, ma la nostra classe politica cosa fa? Devono investire tutti i soldi necessari per le bonifiche e accettare una commissione esterna di controllo. Oggi bisogna superare l’ideologia dell’impotenza  e della paura, che è l’antidoto al cambiamento. Ma c’è molto entusiasmo e tanta voglia cambiare e di partecipare al progetto di iRS, un movimento dinamico, democratico con alla base partecipazione e confronto tra tutti i settori della società. Dobbiamo dedicarci alla conoscenza. Qualunque scelta facciamo non può andare contro la felicità».

da “il Corriere Turritano” Num 7 del 24 Maggio 2013

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