La Sardegna non è un teatro di Guerra

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iRS esprime forte preoccupazione per le notizie che vedrebbero l’Isola soggetta ad una vera e propria pioggia di bombe e missili dal prossimo autunno. Quirra, Perdasdefogu, Teulada, Capo Frasca e Macomer sono i poligoni e basi militari dove dal 21 settembre riprenderanno senza sosta esercitazioni e sperimentazioni militari interrotte per l’estate. Inoltre sulla costa occidentale della Sardegna voleranno anche gli aerei dell’Iaf, l’aeronautica militare israeliana. Gli stessi aerei che oggi bombardano Gaza.

Ogni tipo di dispositivo di morte verrà testato nell’Isola per poi essere adoperato nei vari scenari di guerra presenti oggi nel mondo. A questa già grave situazione ne va aggiunta un’altra altrettanto inaccettabile, ovvero la messa in opera del progetto Siat (Sistema di addestramento integrato terrestre), un piano nazionale italiano da 90 milioni di euro, stilato dal Ministero della Difesa, che nel poligono di Capo Teulada prevede la realizzazione di due centri di addestramento alla guerra simulata.

Tutto questo avviene malgrado sia in corso una trattativa tra lo Stato italiano e la Sardegna per la riduzione delle servitù militari e per la valutazione dei danni economici, sociali e ambientali derivanti dall’insistere di strutture militari che occupano aree equivalenti al 65% rispetto al totale del territorio italiano, mentre 19 regioni si spartiscono il restante 35%.

Le problematiche legate alle servitù militari sono oramai di dominio pubblico e non è più accettabile che lo Stato italiano continui a bombardare le nostre terre e ad affittarle a tutti gli eserciti del mondo per sperimentare ordigni bellici.

A spianare la strada a questo ennesimo atto di arroganza nei confronti dei Sardi è stato il decreto legge 91 del 24 giugno 2014 varato dal governo Renzi, il quale prevede che, per la valutazione dei tassi di inquinamento nelle aree del demanio destinate ad uso esclusivo delle forze armate per attività connesse alla difesa nazionale, vengano applicate le concentrazioni di soglia di contaminazione previste per l’industria. In sostanza ha  innalzato fino a 100 volte le soglie minime di inquinamento nelle aree soggette ad esercitazione militari, come se non bastassero i livelli già raggiunti e per i quali non si provvede a bonificare le aree interessate.

Al riguardo, il governo della Regione deve prendere una posizione di netta contrarietà rispetto al quadro sopra delineato ed esercitare pressioni politiche per porre fine a questa umiliazione. Sia attraverso il Consiglio che per il tramite della Giunta e del presidente Francesco Pigliaru.

iRS si mobiliterà in tutte le sedi opportune affinché esercitazioni e sperimentazioni belliche abbiano fine. La Sardegna non può riconoscersi in una politica che, al posto di concepire forme di cooperazione pacifica tra i popoli, produce strumenti di morte che poi saranno utilizzati per bombardare civili inermi come accade in questi giorni a Gaza. iRS sollecita il Comipa ad esprimere parere negativo a questa ennesima servitù.

La Sardegna è una terra di pace e come tale deve agire. Per questo si rendono necessarie anche forme di mobilitazione che coinvolgano sempre di più l’intera società. Avere o meno le basi militari in Sardegna è anche una questione di democrazia. La domanda che poniamo è questa: da chi e come è stata decisa la presenza delle servitù? E’ accettabile che la Sardegna venga utilizzata come una piattaforma militare nel centro del Mediterraneo? Quale altro prezzo in termini di danni ambientali e morti devono pagare i sardi affinché cessino le esercitazioni?

L’unico soggetto chiamato a decidere e a dare risposte a questi quesiti sono i sardi stessi. Per questo iRS invita tutte le istituzioni sarde ad opporsi fermamente a questa decisione del governo italiano che agisce in maniera diametralmente opposta agli interessi della Sardegna.

iRS – indipendentzia Repubrica de Sardigna 

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