Movimenti e riforme in Sardegna

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La Sardegna non ti lascia mai in pace. Ovunque tu possa andare nella tua vita non puoi fare a meno di cercare un qualcosa che le rassomigli. Ma si tratta di un esercizio inutile. La Sardegna è un monolite mediterraneo unico e impossibile da ritrovare in un qualsiasi altrove. Materiale o immateriale che sia. L’Isola si ama e basta, ma questi sono anni in cui questo amore spesso non viene ricambiato.

In Sardegna l’emigrazione giovanile (e non solo) è ripresa massicciamente, il tasso di nascita è negativo, l’abbandono scolastico è a livelli allarmanti e il tessuto economico isolano è in ginocchio. Proprio in questi giorni abbiamo sentito Cappellacci parlare di Popolo sardo, Unità e Nazione Sarda. Il vento porterà via, nel silenzio generale, il significato che quelle parole sottintendono perchè l’attuale classe politica non ha gli strumenti conoscitivi per cogliere 1) le istanze di cambiamento che stanno attraversando la società sarda e 2) la maturità con cui i sardi stanno affrontando questo drammatico momento.

Il futuro della Sardegna non dipenderà dal futuro dell’Italia.

Il futuro dell’Isola dipenderà dalle scelte che i sardi faranno tra il voler continuare ad essere una Regione periferica e depressa dell’Italia oppure imboccare la difficile strada della sovranità per dotarsi degli strumenti necessari a guidare il proprio sviluppo economico e sociale.

Regione o Repubblica. Autonomia o Sovranità. Periferia o Centro.

Dalla combinazione di questi tre paradigmi è possibile delineare un possibile progetto riformista e progressista per la Sardegna. Un progetto di governo dal respiro europeista, volto alla ristrutturazione del quadro economico e giuridico dell’Isola. In questa fase quello che realmente sta mancando alla Sardegna è una propria forma istituzionale con la quale poter far fronte alle problematiche che via via si presentano. Da questa privazione istituzionale ne discende un’altra, ovvero la totale assenza di un progetto politico capace di pensare un Sardegna diversa per il futuro. Di riformarla appunto. Questa è la grande sfida a cui dobbiamo far fronte, ovvero dotare la Sardegna di una sempre maggiore sovranità in modo da risolvere le tensioni esistenti tra mercato globale e politiche nazionali. Per far questo la Sardegna deve superare l’Autonomia e dotarsi di una sua politica nazionale.

Scrive Deni Rodrik:

“La geografia relativa al senso di attaccamento alle identità non è fissa, anzi è variata nel corso della storia. Ciò significa che non dovremmo accantonare completamente l’eventualità che in futuro si sviluppi una vera coscienza globale, insieme alle comunità politiche transnazionali. Ma le sfide odierne non possono essere affrontate da istituzioni che non esistono (ancora). Per il momento, le persone devono optare per soluzioni adatte ai governi nazionali, che rimangono la speranza migliore per l’azione collettiva. Sarà anche un relitto lasciatoci in eredità dalla Rivoluzione francese, ma lo stato-nazione è tutto ciò che abbiamo”.

Questo significa che la Sardegna per partecipare alla costruzione di una governance globale deve prima costruire in casa propria le condizioni per una governance locale, altrimenti si corre il rischio di rimanere marginali sempre e dovunque. Come rischiano di rimanere marginali tutti i movimenti che stanno nascendo in Sardegna e che da tempo stanno lottando per difendere i propri diritti. La loro marginalità è inversamente proporzionale all’obbiettivo che si pongono.

Se l’obiettivo è quello di avere delle vantaggiose concessioni dal governo italiano credo che la loro marginalità sia destinata ad aumentare come il declino economico e sociale dell’Isola. Se questi movimenti avranno la capacità di pensarsi come un primo nucleo riformatore rispetto alla problematiche della Sardegna e si porranno, nello stesso tempo, l’obiettivo di riformare democraticamente e pacificamente le istituzioni sarde la loro marginalità diminuirà e sarà allora possibile piazzare il primo tassello di un possibile governo per l’Isola.

Un tassello importante perchè nato dal basso e perchè espressione di diversi interessi e punti di vista. Bisogna smettere di agire solo come gruppi di pressione per imboccare la strada che porta alla costruzione di un progetto politico che dovrebbe avere come parole chiave governance, sovranità e riformismo. Nessuno pensa che questo potrà realizzarsi in pochi anni. Quello che è importante in questo momento è mettere le basi per riformare davvero la Sardegna in modo democratico, pacifico e con la partecipazione di tutti. Questa sfida riguarda i movimenti nati in questi anni in Sardegna, l’indipendentismo e il campo progressista presente nell’Isola. Equità, giustizia sociale e sviluppo economico non sono più pensabili senza una maggiore sovranità per la Sardegna.

Nello Cardenia

iRS – Esecutivo Natzionale

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