Sardegna e Incendi. Il comunicato di iRS e una riflessione di Bobore Bussa

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27 luglio 2009

Le donne e gli uomini di iRS – indipendèntzia Repùbrica de Sardigna – sono vicini al dramma delle famiglie che hanno perso i loro cari durante le tragiche giornate degli incendi.
Non esistono parole giuste in questi casi.
Noi di iRS pensiamo che sia dovere di tutti i sardi fare un’autocritica collettiva a partire dalla classe politica che governa e ha governato la Sardegna fino ad oggi. Evidentemente non è stato fatto abbastanza nella tutela e nella valorizzazione del territorio. E’ evidente che le conseguenze degli incendi non sono tragiche casualità o destino avverso, ma fatti evitabili tramite una gestione programmata e seria delle nostre campagne. La prevenzione degli incendi inizia nell’autunno e prosegue in inverno e primavera. Gli interventi estivi devono essere ordinaria e rara amministrazione non la regola.
È ora che i sardi tornino alla terra con una coscienza nuova, proiettata al futuro, in un ottica di gestione sostenibile e affettuosa del patrimonio ambientale che è parte integrante della nostra cultura e della nostra esistenza.
Nessuno può restituire alle proprie famiglie chi si è sacrificato in modo involontario per una follia collettiva dove tutti siamo un po’ complici. Costruire una nazione civile comporta un grande impegno. iRS crede che non ha nessun senso oggi cercare un capro espiatorio a cui attribuire responsabilità specifiche, anche se sarà necessario farlo.
iRS crede però che abbia un grande senso imparare dagli errori e credere che le cose si possono fare e fare bene.

Assemblea Nazionale iRS

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Purtroppo non è solo un problema di mezzi di soccorso. Di Bobore Bussa.

Non sembra vero. Si muore ancora di fuoco in Sardegna. Una terra piena di militari, di poligoni, di mezzi aerei e terrestri, di migliaia di forestali, di protezione civile, di vigili del fuoco. Canadair, elicotteri, uomini, donne. Eppure due persone ci hanno lasciato per difendere greggi e campagne. Allora non è un problema di mezzi? Facciamo un po’ di autocritica come sempre ci siamo abituati. Pensiamo a cosa si poteva fare per evitare che il vento favorisse chi è andato e va in giro ad appiccare incendi per sfizio o a pagamento per conto di qualcuno.
Le campagne in Sardegna sono sempre più abbandonate. Ettari di terre coltivabili si riempiono di cisto, rovi, lentisco e altre specie della macchia mediterranea. Le terre sono abbandonate perché produciamo pochissimo in Sardegna, viviamo di consumi e di acquisti agroalimentari provenienti dall’Italia e dalla Spagna principalmente. Anche il grano arriva dall’Argentina, dall’Australia e dall’Europa dell’est. Se coltivassimo grano e altri cereali, dopo la trebbiatura nessun fuoco passerebbe. Se facessimo fieno il fuoco al limite brucerebbe le stoppie. Se pascolassimo i boschi, il fuoco sotto, avrebbe molte difficoltà a diffondersi. Se curassimo i boschi con le tecniche selvicolturali che i nostri nonni hanno sempre utilizzato si produrrebbe legna e contemporaneamente si presidierebbero i boschi, rendendoli fruibili per il turismo e lo sport ed evitando importazioni di legna dalla Toscana. E’ così assurdo pensarsi in questo modo “sensato”?
I pastori oggi, comprano tonnellate di mangimi, prodotti fuori per darli alle pecore, alle capre e alle mucche. Nessun investimento viene fatto nella gestione dei pascoli e nessuna rotazione dei seminativi. Spesso, migliaia di ettari di pascoli vengono lasciati con il fieno non pascolato da utilizzare nei mesi estivi senza che vengano messi in sicurezza.
I comuni non riescono a far rispettare l’obbligo di tenere puliti i terreni entro una certa data. Neanche loro fanno i lavori di pulizia entro i tempi stabiliti e pretendono però che lo facciano i privati. Al 20 luglio, purtroppo, vediamo ancora dei giovani assunti stagionalmente che puliscono le cunette dal fieno. Ogni anno si impone che entro il 15-30 giugno vengano puliti i terreni dalle erbacce. Ma quest’anno al 20 maggio il 70% della Sardegna era completamente secca a causa del caldo improvviso. Ancora non abbiamo imparato che la prevenzione si fa in autunno, inverno e primavera. Gli interventi estivi di aerei e mezzi vari devono essere un’eccezione, un caso straordinario, un’emergenza rara. Invece diventano la regola.
Vogliamo continuare? Ad esempio, molti proprietari hanno centinaia di ettari di terre incolte e inutilizzate nei paesi. Non li affittano e non li lavorano perché magari vivono a Cagliari, Sassari in Italia in Francia o altri Paesi e nessuno impone loro di fare qualcosa in queste terre. La proprietà privata è sacra!
Abbiamo pastori nei terreni comunali con contratti che vengono rinnovati annualmente. Perché non legare più stabilmente chi lavora, alla terra che ha in concessione con incentivi di qualche tipo? Rendere i pastori e gli agricoltori delle terre pubbliche parte di un progetto comunitario di tutela e valorizzazione della terra? Impossibile? Ci abbiamo mai provato?
Pensiamo davvero che chi va in giro a mettere fuoco possa essere condizionato da messaggi televisivi e nei giornali che costano milioni di euro? Perché non investire quei soldi in educazione ambientale? Nella futura Repubblica di Sardigna, ma forse anche nella Sardegna di domani mattina, immagino che non debba esistere il servizio militare ma che tutti i cittadini, per una volta nella vita e per almeno 2 mesi, svolgano servizio civile comprendente ore di educazione ambientale, civica, sanitaria, agricoltura sostenibile, norme di intervento in incendi e calamità naturali. Insomma formare cittadini pronti a intervenire dappertutto, ma soprattutto formare cittadini coscienti che la terra, l’acqua e il cielo sono di tutti e che tutti dobbiamo lavorare per “farli vivere” e tutelarli per le generazioni che verranno.
Intanto che immaginiamo e proviamo ad essere una nazione civile, mandiamo un estremo saluto a queste vittime del fuoco, senza dimenticare che siamo un po’ tutti complici del loro sacrificio.

Bobore Bussa
Assemblea Nazionale iRS

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Isgàrrica s’artìculu: 2009-07-27 – Sardegna e Incendi. Una riflessione di Bobore Bussa

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