Basta fabbriche di morte a Ottana

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16 novembre 2006

Un no deciso di iRS al nuovo inceneritore di Ottana.

Quello che segue è il documento che è stato consegnato ai giornalisti dal TzdA iRS di Nugoro durante la conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa del 16 dicembre ad Ottana.
Preghiamo militanti e simpatizzanti di leggere con attenzione, di partecipare all’iniziativa e chi volesse avere ulteriori informazioni sulle nanopatologie può visitare il sito: www.nanodiagnostic.it.

Basta fabbriche di morte ad Ottana.
Basta fabbriche di morte in Sardegna.

L’ennesima beffa per Ottana, per la provincia di Nuoro e per la Sardegna sta andando avanti.
Diverse aziende fremono in attesa di partecipare al bando che le porterà nella valle di Ottana a liberare la Sardegna dai suoi rifiuti indifferenziati. Non ci stupisce il fatto che ci sia in Sardegna qualche affare sul quale, sardi e non, possano lucrare, in barba alla salute e ai diritti di migliaia di persone. Non ci stupisce, perché questa è storia di tutti i giorni.
Ottana si avvia ad ospitare un impianto di termovalorizzazione dei rifiuti, tecnicamente chiamato: Centrale Termica Integrata. In pratica un inceneritore che, oltre a distruggere rifiuti, produce un po’ di energia elettrica, gas e polveri nocivi per l’ambiente e la salute dei cittadini. Poiché sono noti alla comunità scientifica ma anche a quella “politica”, i rischi per la salute dell’uomo connessi a questo tipo di impianti, iRS, chiede, che le comunità interessate abbiano a disposizione strumenti informativi adeguati, per essere in grado di valutare la validità o meno dell’iniziativa imprenditoriale in questione. iRS non condivide il metodo autoritario con il quale la Giunta Regionale ha deciso di bandire una gara internazionale, stabilendo dei criteri per la partecipazione che non tengono minimamente in considerazione le esigenze dei cittadini in materia di salute pubblica e di sostenibilità ambientale dell’impianto, da ubicarsi in un’isola con gravi carenze infrastrutturali.
In particolare iRS, chiede alla giunta regionale di fare luce sui seguenti punti:

– La Sardegna, secondo i dati del Rapporto 2005 sulla gestione dei rifiuti urbani, redatto dall’Osservatorio Rifiuti della Regione, è attualmente sotto i parametri minimi stabiliti dal “Decreto Ronchi” (35% di raccolta differenziata entro il marzo 2003). Infatti, l’incidenza della raccolta differenziata è del 9,9% su base regionale. Pertanto, raggiungendo nei prossimi anni gli obblighi di legge, la percentuale di rifiuti da conferire al termovalorizzatore, tenderà a diminuire drasticamente. L’ipotesi di trattare 200.000 t/annue di rifiuti nell’impianto di Ottana è realistica? Se si, per quanti anni? Se non si dovessero produrre tali quantità di rifiuti da trattare, la Sardegna si dovrebbe candidare ad importare rifiuti per poter sostenere l’economicità dell’impianto e i posti di lavoro?

– La seconda linea dell’impianto prevede il trattamento di biomasse provenienti per almeno il 40% da colture no-food e per la restante parte dai cantieri forestali, tutte di provenienza regionale. È stato realizzato dalla regione uno studio conoscitivo sulle quantità di biomasse effettivamente prodotte nei cantieri forestali e disponibili per la centrale? Ed inoltre, per le colture no-food, è stato realizzato il piano delle potenzialità produttive della Sardegna?

– Se non si raggiungessero le quantità minime per garantire la sostenibilità economica dell’impianto si ricorrerebbe all’importazione di biomasse?

– Poiché si parla di circa 200.000 t/annue di rifiuti e 200.000 t/annue di biomasse da incenerire, si è calcolato come queste dovranno giungere all’impianto? Poiché la rete ferroviaria è inesistente nel centro Sardegna, si presume che i rifiuti transiteranno in camion e tir e poiché l’impianto servirà ben 5 province della Sardegna del nord e del centro, compresa l’Ogliastra, ci si chiede se la Giunta abbia previsto un piano di sostenibilità del traffico.

– Sono stati fatti degli studi comparati, che permettano di capire, se sia più conveniente destinare le biomasse alla produzione di pellets per riscaldamento domestico, (in piccoli impianti ubicati in più punti dell’isola), o all’incenerimento per la produzione di energia?

– In merito alla produzione di energia, si prevede di integrare la centrale con una caldaia ad olio combustibile per avere una “riserva calda” (vedi delibera pag. 3). Ci si chiede se ciò sia in linea con i proclami pre-elettorali che parlavano di Sardegna come luogo di sperimentazione per la produzione di energia elettrica da fonti alternative, di rispetto dell’ambiente e di vocazioni del territorio?

– Non si è minimamente accennato in nessun punto della delibera e del documento “Specifiche tecniche di progettazione”, del fatto che i termovalorizzatori, non eliminano in ogni caso l’emissione di diossine nei fumi di scarico dispersi nell’atmosfera circostante. Un fatto su cui concordano ormai tutti, costruttori, medici e tecnici. Basti pensare che non esiste una soglia minima di sicurezza per le diossine e che possono essere nocive per l’uomo a qualsiasi livello di assimilazione (US Environment Protection Agency 1994). Motivo già di per sé sufficiente per comprendere lo stato d’animo dei cittadini e le mobilitazioni sociali in questo senso. Inoltre, sarebbe importante sapere se sono stati presi in considerazione gli studi scientifici più recenti sulle nanoparticelle (polveri con un diametro compreso fra 2 e 200 nm*) e su tutte le polveri in grado di penetrare nel tratto respiratorio (PM10, PM2,5 e PM0,5), cioè con un diametro inferiore al milionesimo di metro, prodotte dai termovalorizzatori e pericolose per l’organismo e per l’ambiente. La Giunta ha previsto uno studio approfondito sulle conseguenze che questo tipo di impianti possono portare alla salute delle persone?
*1 (nm) nanometro equivale a 1 milionesimo di millimetro

– Non è dato sapere quali saranno le ricadute economiche in termini occupazionali e di indotto che questo impianto potrà generare. Pensiamo che le popolazioni interessate abbiano il diritto di conoscere in anticipo i vantaggi e gli svantaggi derivanti dalla costruzione dell’impianto.

– Gli amministratori locali, i sindaci in primo luogo, gli ispettori e coloro che dovrebbero vigilare sulla salute delle persone e sulla salvaguardia dell’ambiente, hanno valutato con la dovuta attenzione le implicazioni in materia di responsabilità penale cui andranno incontro nel caso in cui questo impianto produrrà dei danni alla salute dei cittadini? Ci si chiede, se un domani un grande numero di vittime dell’inquinamento decidesse di muovere azioni legali nei confronti degli amministratori, chi pagherà i danni?

Per concludere, iRS ritiene che debbano essere chiariti diversi aspetti, da parte dell’Amministrazione Regionale, sia dal punto di vista tecnico-scientifico sia economico.
Dal punto di vista politico, l’iniziativa è senza dubbio frutto di anni di malgoverno e di pessima gestione dei rifiuti, che hanno portato i Sardi davanti ad un’emergenza, ovvero, dover incenerire migliaia di tonnellate di rifiuti indifferenziati perché non si è stati capaci di attuare una seria raccolta differenziata, non si è stati in grado di fare un’adeguata educazione civica e ambientale a partire dalla scuola primaria. Non si è avuta la forza politica e morale di promuovere leggi che favorissero la diminuzione progressiva della produzione dei rifiuti. Si potevano e si potrebbero intraprendere piccole iniziative legislative, sia a livello regionale, sia comunale, per fare in pochi mesi della Sardegna una nazione più civile e più ricca in termini ambientali, economici e culturali.
Con il presente documento invitiamo tutti i sardi di buon senso a mobilitarsi ed evitare che presto ad Ottana, nasca un’altra cattedrale nel deserto, improduttiva e inquinante.
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Isgàrrica s’artìculu: 2006-11-16 – Basta fabbriche di morte a Ottana
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