Il World Travel Market di Londra 2011

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Il World Travel Market di Londra è una delle fiere del turismo più importanti al mondo; un enorme spazio diviso per continenti che ospita per quattro giorni gli stand dei paesi di tutto il globo. In una vetrina espositiva di una così ampia portata, qualunque stato o nazione che abbia una qualche aspirazione nel settore turistico non può fare a meno di partecipare. In fin dei conti sono queste le occasioni migliori per poter mostrare a un pubblico vastissimo le qualità della propria terra, attirare vecchi e nuovi visitatori, contattare addetti del settore, guide turistiche e responsabili di agenzie; tutto dipende da quale immagine si vuole dare di se stessi al mondo.

Con premesse del genere e contro una concorrenza internazionale sembrerebbe scontato che una nazione come la Sardegna , che da tempo vanta una certa predisposizione nel settore, si presenti con uno spazio tutto suo. Purtroppo così non è stato.

In quel trionfo di colori, suoni e sapori che è la Fiera di Londra, uno stand, tra l’altro di dimensioni notevoli, spicca su tutti per la sua desolazione e per la mancanza di qualsiasi tipo di attrattiva: è il settore italiano. Alcuni pannelli di modeste dimensioni e una banale combinazione di colori tra sedie e tavoli che ricordano la bandiera italiana. La Sardegna, a quanto pare per imposizione dell’Enit agenzia del turismo italiana, ha il suo spazio espositivo all’interno di questa insipidità generale, accerchiata da Campania e Sicilia. Nessun elemento la distingue, nessuna possibilità di evidenziare le nostre tradizioni storiche, le nostre eccellenze gastronomiche o le particolarità naturalistiche che ci rendono unici, come unici sono tutti i popoli del pianeta. Se molti visitatori si avvicinano allo spazio della Sardegna solo per chiedere informazioni su come trovare Firenze o Venezia evidentemente c’è qualcosa di sbagliato nel nostro modo di proporci.

Verrebbe da pensare che si sia trattato di mancanza di fondi da investire, in merito non abbiamo avuto risposte esaurienti da parte dei responsabili del nostro settore; la memoria torna però ai soldi spesi, si parla di 100.000 euro, per lo stand sardo al meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, spazio che tra l’altro rimase desolatamente vuoto se si escludono le due hostess “sarde” con accento romagnolo che candidamente ammettevano di non essere mai state nell’isola. E poi se la mancanza di uno spazio indipendente tutto nostro fosse dovuto alle conseguenze della crisi finanziaria, come mai stati con un tessuto economico molto più debole del nostro sono riusciti ad essere presenti in maniera molto più che dignitosa?

Gli altri appunto: vediamo come si sono comportati invece i nostri concorrenti, premesso che il confronto risulterà imbarazzante e a tratti umiliante. Lasciando da parte i giganti e concentrandosi su stati e nazioni del nostro livello è triste constatare come nessuno si sia fatto trovare impreparato all’appello e tutti siano stati in grado di allestire un loro spazio indipendente. Nell’area Europea ci sono gli stati giovani come la Slovenia, la Croazia, la Repubblica Ceca e la Slovacchia, ci sono gli stand accattivanti di isole indipendenti come Cipro, Malta e Islanda, le repubbliche dell’est Georgia, Lituania e Lettonia, c’è la Crimea, ci sono le Canarie e le Baleari che non sono stati ma che evidentemente sanno come si valorizzano le bellezze locali. Lo spazio espositivo della Catalogna è imponente, una nazione senza stato proprio come la Sardegna che però, a differenza nostra, ama scrivere la propria storia (come diceva uno dei loro slogan). Una situazione illuminante soprattutto se paragonata alla desolazione dello spazio in cui sono relegati i venditori sardi tutti preparatissimi e dotati di un inglese invidiabile, ma tutti sfiduciati dall’avvilente sistemazione.

Per pudore sarebbe meglio non parlare neanche del padiglione dell’Asia, un’esaltazione di stand molto eleganti e accattivanti, anche in questo caso sono presenti paesi difficilmente immaginabili, la Palestina (che ha di sicuro problemi più grossi della Sardegna) offre a tutti sciarpe e prodotti alimentari locali, l’Iraq e il Pakistan, posti bellissimi che il mondo occidentale conosce purtroppo più per questioni belliche che per i tesori che nascondono, e poi tutta la parte medio-orientale che da tempo investe ingenti capitali nel settore.

Alzi la mano chi ha sentito parlare prima d’ora si Saint Kitts e Nevis, una piccolissima repubblica di circa 50.000 abitanti formata da due isolette nelle Piccole Antille, anche loro hanno lo spazio indipendente alla fiera così come le Bermuda, le Isole Fiji e Trinidad e Tobago, giusto per citare dei paesi che non rappresentano di certo dei colossi in campo turistico e che fatte le debite proporzioni sono simili alla nostra realtà. L’Africa è una sorpresa generale, l’Egitto si presenta con uno stand faraonico, Botswana, Congo e Burundi (chi l’avrebbe mai detto!) attirano e intrattengono gli ospiti con costumi e danze tradizionali. Due sono gli stati che più di tutti attirano l’attenzione, la Tanzania che celebre i 50 anni di indipendenza, quasi una beffa per i sardi costretti a sopportare i retorici rituali per i 150 anni di unità italiana, e lo Zimbabwe che presenta una parete intermente dedicata alla gigantografia di un nuraghe!!! “Il grande Zimbabwe” è un palazzo che loro definiscono medievale e che invece alcuni studiosi sardi portano come esempio della presenza di “delegazioni” Shardana in quella terra, allora particolarmente ricca di metalli preziosi, molti secoli prima, qualunque sia l’origine della costruzione la somiglianza con i nostri nuraghi è impressionante.

Sembrerebbe dunque tutta una questione di direzioni da prendere e di volontà, in Sardegna in questo momento mancano entrambe. Possiamo discutere all’infinito su come allungare la stagione estiva sempre troppo corta per gli imprenditori e che non garantisce posti di lavoro sicuri per tutto l’anno, non ci vuole di certo un genio per capire che per prolungare la stagione e di conseguenza le presenze ci si deve rivolgere in maniera più decisa al mercato europeo e mondiale. Se si continua a favorire le presenze in fiere limitate come quella di Rimini a discapito di eventi ben più importanti come quello di Londra, allora significa che non c’è nessun reale interesse a migliorare una situazione da troppo tempo in stallo. E’ risaputo che il mercato italiano, oltre ad essere solo un fetta limitata, si concentra spesso nel periodo che va da metà luglio fino alla prima settimana di settembre, per cui anche in questo settore continuare ad avere uno sguardo ostinatamente concentrato verso la penisola ci danneggia e ci limita non poco. Non sarà il caso di darsi una scrollata di dosso e metterci al passo con gli altri, oppure preferiamo continuare a perderci nel Travel Market?

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Marco Lepori

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