Rating, AAA, Spread, Default, in queste parole si racchiude il nostro futuro, ne siamo consapevoli?

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Cosa sappiamo delle cause della crisi economica? In realtà non molto, spesso leggiamo e sentiamo termini difficili e quasi incomprensibili che vengono usati per spiazzare il pubblico e non darci accesso reale alle informazioni .
Le uniche cose evidenti sono i tagli sempre più netti all’istruzione, alla sanità, al sociale ( famiglie, disabili…) alla ricerca scientifica mentre dell’altra parte vediamo imposte sempre più alte che gambizzano letteralmente le imprese e impediscono ogni investimento nel nostro territorio atterrando e scoraggiando qualunque investimento. Sappiamo, ad esempio, cosa sono le agenzie di Rating? Nate agli inizi del Novecento negli Stati Uniti, analizzano la solidità finanziaria di soggetti quali stati, enti, governi, imprese, banche, assicurazioni, da queste analisi si determinano spesso gli andamenti nelle borse. I rating sono una misura di quanto rischioso possa essere un investimento in obbligazioni di quel paese; spaziano da AAA (il più alto grado) a C (il più basso). Un paese con un credito che ha un rating di BBB o più alto è considerato “investment grade”; sotto quel livello, “junk”. E’ notizia recente che gli USA sono stati declassati , non sono più AAA mentre paesi come la Germania e la Francia ancora reggono. Giorni fa si parlava di “Spread” record per l’Italia, ma cosa vuol dire? Il dato dello spread definisce la fiducia dei mercati nella solvibilità del debito, cioè il tasso di interesse che lo Stato deve pagare sui titoli di Stato. La misurazione avviene rispetto all’economia più solida dell’Unione europea, quella tedesca. Uno spread di 305 punti significa che per i Btp a 10 anni l’Italia deve pagare interessi del 3,05% in più rispetto alla banca centrale di Berlino (per una percentuale complessiva che attualmente supera il 5,6%). Più lo spread è alto, più l’impegno di remunerazione diventa, in prospettiva, gravoso.

L’Italia, quindi, ora come ora non se la passa affatto bene ma noi non siamo troppo consapevoli di quanto sta accadendo ma soprattutto , di cosa può accadere.
In questo scenario preoccupante spicca in negativo la nostra Sardegna che sta raggiungendo livelli oltre ogni record riguardo l’abbandono scolastico , la disoccupazione, il consumo di psicofarmaci, l’emigrazione, la chiusura di attività. La finanziaria recentemente approvata, punta a piegare ulteriormente la nostra economia tanto che il governatore ,Ugo Cappellacci, è arrivato a minacciare di restituire la tessera al nuovo segretario del PDL Angelino Alfano ( ex guardiasigilli) e tutta la sua giunta è pronta a dichiarare guerra “allo stato italiano” facendo proprio un linguaggio lontano dal loro schieramento politico e decisamente più vicino al nostro, questo di sicuro non ci spaventa, non sarebbe la prima volta che le battaglie indipendentiste vengono strumentalizzate da partiti italiani , è cosa ben nota che l’azione politica di iRS detti l’agenda politica in Sardegna.

E’ certo che a mio modesto parere poco cambierà in Sardegna anche dopo questa ulteriore stangata, ( esattamente come la “guerra allo stato Italiano” di questa giunta tornerà nei ranghi sommessamente non appena il Premier richiamerà al silenzio il nostro governatore) sì, perché l’economia da noi è retta in larga parte dal terziario, fino a che gli stipendi statali rimarranno tali non ci accorgeremo veramente di cosa ci sta accadendo. In realtà in Italia stanno applicando le prime manovre approvate in Grecia pochi anni fa (il che non è per nulla confortante) , quando anche da noi gli stipendi pubblici passeranno da 1200 € a 600€ per lo stesso monte ore, forse capiremmo che siamo davvero sull’orlo del precipizio.
Solo che mentre in Italia e in Grecia la crisi la pagano i contribuenti, in Islanda il popolo ha deciso, tramite una mobilitazione di massa, di far pagare la crisi ai veri responsabili: le banche ma stranamente di tutto questo la stampa non ne parla.

Claudia Aru

iRS Campidanu ‘e Mesu

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