Disastro scuola: solidarietà di iRS ai precari

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08 settembre 2009

iRS indipendèntzia Repùbrica de Sardigna esprime la sua totale e incondizionata solidarietà ai lavoratori precari della Scuola Sarda che, in difesa del posto di lavoro indissolubilmente legato al senso di dignità di ogni essere umano, hanno legittimamente e pacificamente occupato la sede dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Cagliari.

Non è infatti più possibile eludere il problema, rassegnandosi al progressivo smantellamento e depotenziamento del settore dell’Istruzione. Settore che è assolutamente strategico ed essenziale per i destini di qualsiasi collettività umana.

Ancora una volta lo Stato italiano dimostra il suo inevitabile disimpegno verso le sorti della Sardegna, con la consueta connivenza e complicità dei partiti unionisti e autonomisti di centro, destra e sinistra. Gli stessi che, alternandosi nel governo dell’Isola, nulla hanno fatto, pur avendo ampi margini di intervento e prerogative specifiche in materia, per salvaguardare il sistema sardo dell’Istruzione.

Ai mali storici dell’imposizione della Pubblica Istruzione italiana – modello completamente inadatto, niente affatto rispettoso della peculiarità e delle caratteristiche storiche, demografiche, sociologiche e antropologiche della Sardegna – si sono via via aggiunti nuovi elementi che hanno condotto all’attuale fallimento.

Per riassumere:
• Tagli indiscriminati di dirigenti, docenti e personale ATA. Ciò inevitabilmente ha portato gravissimo danno alla qualità del servizio erogato, con l’indebolimento dei servizi di segreteria, di collaborazione scolastica, perfino di sostituzione, tra i docenti, dei colleghi assenti.
• Numero irrisorio di nuove immissioni in ruolo di fronte alla quantità di cattedre vacanti realmente disponibili, anche sulla base dei pensionamenti registrati.
• Accorpamento forzato di Istituti con storia, caratteristiche e orientamenti diversi.
• Chiusura definitiva di moltissime sedi di piccoli centri, col conseguente spostamento coatto di alunni e personale in centri aggreganti di maggiori dimensioni e conseguenze demografiche macroscopiche sul medio e lungo periodo.
• Aumento ulteriore del numero degli alunni per classe, l’esatto contrario della premessa di una didattica veramente efficace ed incisiva.
• Ridimensionamento del sostegno agli allievi colpiti da handicap o problemi cognitivi.
• Carente o assente applicazione concreta della legge sulla tutela della lingua e cultura sarda, rimasta larghissimamente sulla carta.
• Mortalità scolastica con altissimi tassi di abbandono.
• Disarticolazione della continuità didattica, visto il tourbillon che puntualmente ogni anno scolastico, in particolar modo il presente, deve registrare.
• Condizioni fatiscenti e indecorose della maggior parte degli edifici scolastici, i quali generalmente non risultano rispettare le norme di sicurezza, con situazioni di rischio che culminano perfino in crolli e cedimenti strutturali.

Tale situazione, sotto gli occhi di tutti, non può essere tollerata ancora a lungo. I sardi non possono essere privati, di fatto, dell’accesso all’istruzione.

Ma non è rivendicando aiuto e sostegno dallo stato italiano che otterremo quel che riteniamo ci spetti di diritto. Non è attendendo l’elemosina da questo o quel governo “amico” che la Sardegna avrà un sistema scolastico all’altezza dei nostri tempi.

L’autonomia ha fallito, fallisce e continuerà a fallire anche in questo ambito, rivelandosi come sempre tristemente produttrice di non-senso e malessere diffuso.
Già oggi sarebbe possibile dirottare una quota adeguata del bilancio regionale sardo verso la scuola. Basterebbe farsi restituire dallo Stato italiano i miliardi di euro riscossi in Sardegna e mai restituiti, secondo quanto previsto dalle leggi, anche di rango costituzionale, dello stato italiano medesimo. Oppure, attraverso un uso virtuoso della leva fiscale, si potrebbero reperire ingenti risorse da usare per rilanciare la scuola sarda in tutti i suoi settori.

Ma per far ciò i sardi hanno bisogno di riappropriarsi della sovranità nazionale, sia a breve termine all’interno delle istituzioni della Regione Autonoma, sia in prospettiva nell’ottica di un ordinamento giuridico indipendente.

Non è una questione ideologica. Si tratta di poter decidere del proprio futuro. In questo caso, del futuro della formazione e dell’educazione dei nostri figli.
Non possiamo accettare che siano ridotti al rango di cittadini di serie B, tenuti ai margini da un sistema che ne imbriglia la capacità e il diritto di interagire col mondo, in modo consapevole, responsabile, democratico e partecipativo.

Alziamo la testa, facciamo sentire la nostra voce, per il bene e il destino delle donne e degli uomini, presenti e futuri, di una Sardegna libera, aperta al mondo, indipendente.
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Isgàrrica s’artìculu: 2009-09-08 – Disastro scuola, solidarietà di iRS ai precari
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