Grecia: la democrazia riprende a respirare.

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Grazie alla vittoria del No sulla proposta dei creditori con una percentuale del 61,3%, il popolo greco ha lanciato una chiara indicazione a tutto il Vecchio Continente: l’Europa dell’austerità, del rigore e della burocrazia tecnofinanziaria deve lasciare il campo ad un’Europa della solidarietà, del welfare state e della crescita inclusiva attraverso  investimenti e capitali “pazienti”. Le politiche dettate dalla Trojka hanno prodotto unicamente sofferenze e nessun beneficio. Le riforme strutturali, così come sono state agite fino ad ora, non saranno sufficienti a far partire di nuovo l’economia e riassorbire i milioni di disoccupati generati dalla crisi.

Dentro questo quadro è importante sottolineare come il voto greco non ha significato un atto contro l’Unione Europea o l’Euro, al contrario si è trattato di un suffragio contro questa gestione marcatamente liberista ed elitaria del (ex?) processo di unificazione europeo, dove le categorie della politica e dell’economia non marciano più congiunte in direzione del bene comune dei cittadini europei poichè entrambe sono state scaraventate dentro la spirale del conflitto tra finanza e democrazia, tra diritti sociali e “austerità espansiva” e tra Europa politica ed Europa monetaria. Questa spirale deve cessare se si vuole restituire un futuro al processo costituente europeo.

Il referendum greco è stato prima di tutto un esercizio di democrazia di cui i leader europei non potranno non tenere conto. Infatti grazie ad esso bisogni e diritti dei cittadini sono stati rimessi al centro dell’azione politica. Questo è indiscutibilmente il più grande merito di Tsipras: l’aver riportato il significato e il peso della parola democrazia sul tavolo negoziale su cui si sta giocando il futuro non solo della Grecia, ma di un intero continente.

Ora è responsabilità di tutti trovare un accordo. Non sarà facile, ma per far questo bisogna ripartire da quel 61,3% di Greci che, con una storica lezione di democrazia, hanno restituito dignità in primis a loro stessi e all’Europa intera.

L’Euro non è sorretto da una zona monetaria ottimale per via della divisione delle politiche fiscali dei 28 membri dell’UE e del farraginoso sistema di governance europeo. Com’è possibile governare un mercato di 500 milioni di abitanti e una moneta unica se non si possiede un vero governo politico, un parlamento elettivo democratico ed un’unione fiscale capace di equilibrare le differenze sistemiche dei diversi Paesi?

Per tutte queste ragioni è arrivato il tempo di scegliere. O si va verso un’Europa solidale, democratica e compiutamente politica oppure le conseguenze potranno essere assai gravi, sia dal punto di vista economico che geopolitico. Un’Europa in cui trovino rappresentanza i cittadini, i popoli e le nazioni senza Stato per dare vita ad uno spazio politico sovranazionale pienamente democratico.

Il popolo greco ha dato un segnale di speranza a tutta l’Europa, ossia che è sempre e solo la democrazia il metodo principe per scegliere il destino di un popolo o di un intero continente. Da oggi grazie alla Grecia la parola democrazia ha ripreso a respirare.

 

iRS – indipendentzia Repubrica de Sardigna

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