A proposito di SARAS. Riflessione sulla crisi del lavoro in Sardegna

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24 novembre 2010

iRS – indipendèntzia Repùbrica de Sardigna offre solidarietà alle categorie produttive e ai lavoratori che da troppo tempo attendono vanamente risposte dalla politica.

Nella sua ultima manifestazione davanti ai cancelli della SARAS il MPS ha accusato la giunta regionale di non aver mantenuto le promesse. Ma le giunte regionali hanno mai mantenuto promesse in Sardegna?
La verità è che questa classe politica non è in grado di mantenere nessuna promessa, poiché non ha risorse da investire e le poche che ha sono distribuite senza una programmazione seria e concertata con le istituzioni locali e con le organizzazioni di categoria.

La vertenza entrate non trova soluzione e intanto si ricorre ai mutui per colmare (solo parzialmente) i buchi del bilancio regionale. I fondi FAS sono stati sequestrati dallo stato, che a sua volta non ha soldi perché prossimo al collasso finanziario.

La manifestazione dell’MPS dei giorni scorsi davanti alla SARAS offre quindi numerosi spunti di riflessione in merito alla situazione fiscale in Sardegna.
Tale azienda produce utili nonostante la crisi. Il prezzo del carburante prodotto alla SARAS in Sardegna è più alto che in Italia e in Europa, a fronte di un concreto rischio di inquinamento ambientale e di patologie connesse a questo tipo di produzioni industriali.

La SARAS paga in Sardegna solo 600 milioni di euro di accise all’anno, mentre le accise reali sulla produzione sono circa 3.5 miliardi di euro, pagati però in altre regioni, perché questo permette la legge italiana, nonostante la produzione avvenga in Sardegna.

Ma chi è che permette alla SARAS e ad altre aziende di tenere i sardi in queste condizioni? Semplice, i sardi stessi, quelli che governano e che in nome dell’autonomia e dell’unità nazionale italiana abdicano quotidianamente al loro dovere di delegati del popolo sardo in cambio di privilegi e posti di intermediazione. La vera origine dei nostri mali è dunque l’assenza di una vera classe dirigente sarda, che sia attenta, preparata e aggiornata sulle necessità reali del nostro popolo, propensa alla cura dei beni collettivi.

Cosa avrebbe potuto fare dunque la Regione? Per esempio, un ricorso alla corte costituzionale: oggi avremmo avuto un’entrata di circa 3,5 mld da poter investire, tra le altre cose, anche in agricoltura e pastorizia con la reale possibilità di uscire dall’emergenza pianificando un sistema di sviluppo coerente con le esigenze della Nazione sarda.

Siamo ormai al capolinea. Pastori, operai, agricoltori, piccoli e grandi artigiani, piccole industrie locali e chi in generale produce in Sardegna, ma anche insegnanti, ricercatori, professionisti, non hanno più molta scelta. Abbandonare il fallimentare rivendicazionismo autonomista per un progetto vero di acquisizione di sovranità, che generi prosperità e benessere nel cammino verso la costruzione di una repubblica sarda indipendente.

Esecutivo Nazionale iRS

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